Avv. Luca Grande

Capita ormai sempre più spesso che, a seguito dell’acquisizione di un titolo esecutivo, una parte creditrice si veda costretta, in forza di una sentenza, di un decreto ingiuntivo o di altro titolo (per esempio cambiali o assegni), procedere in via esecutiva nei confronti di una parte debitrice.
Tra le varie vie per procedere ad un’esecuzione forzata, vi è l’esecuzione mobiliare, in base alla quale un ufficiale giudiziario, all’uopo autorizzato dal titolo esecutivo azionato dal creditore, sottopone a pignoramento dei beni mobili di proprietà del debitore.
In una siffatta ipotesi, il codice di Meet_Truffle!procedura civile disciplina specificamente quelli che sono i beni c.d. impignorabili e, in particolare, l’art. 514 c.p.c. specifica come non possano essere pignorati:
1. le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto;
2. l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti di rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato;
3. i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente;
4. gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore;
5. le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio;
6. le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in genere gli scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione.
Come si può desumere da tale elencazione, fino a pochi giorni fa l’ufficiale giudiziario, presentandosi presso la residenza o la sede del debitore, ben poteva sottoporre a pignoramento gli animali ivi trovati, anche se questi fossero domestici o da compagnia.
Gli animali, invero, costituiscono uno dei nodi da sempre irrisolti all’interno della disciplina normativa, non solo nazionale. È soltanto di pochi anni fa, infatti, l’innovazione legislativa della Confederazione Elvetica volta a non considerare più gli animali di affezione quali beni mobili.
In tal senso, un enorme passo avanti nella nostra legislazione viene compiuta dalla Legge 28 dicembre 2015, n. 221, entrata in vigore lo scorso 2 febbraio e recante il titolo “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”, il quale ha apportato una modifica al summenzionato art. 514 c.p.c. in materia di beni assolutamente impignorabili.
L’art. 77 della L. 221/2015, infatti, ha aggiunto all’art. 514 c.p.c. due nuovi commi (il 6-bis ed il 6-ter) dichiarando assolutamente impignorabili:
6-bis) gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali;
6-ter) gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del coniuge, del convivente o dei figli.
Ora, giova aprire una breve parentesi al fine di verificare quali animali siano effettivamente ricompresi in tale innovazione legislativa del codice di procedura civile. Occorre, dunque, rilevare come all’art. I, comma 2, il Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 28/02/2003 recita che si intende per “animale da compagnia”: “ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall’uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi o alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all’uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità”.
A tale categoria deve contrapporsi quella degli animali selvatici, anche se in realtà a questo punto parrebbe subentrare un’ulteriore definizione: quella di animali esotici. Tale categoria è definita a livello regionale conformemente alle facoltà attribuite dall’art. 117 Costituzione. Si veda, in tal senso, l’articolo 2 della Legge Regionale del Piemonte n. 6 del 18 febbraio 2010, che definisce quali animali esotici le “specie animali delle quali non esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà sul territorio nazionale facenti parte della fauna selvatica esotica”.
Tuttavia, da un’analisi letterale del testo della normativa di rango più alto, ovvero della direttiva del Consiglio dei Ministri, si può evincere che anche i soggetti di origine non domestica introdotti nelle case di città, in quanto evidentemente “destinati ad essere tenuti dall’uomo” per fini diversi da quelli produttivi o alimentari, possono essere considerati animali da compagnia, pur se non convenzionalmente raffigurati come da sempre “vicini” all’uomo e mantenuti sostanzialmente “in cattività”. A titolo d’esempio, possono venir in mente specie di volatili o roditori non presenti in stato di naturale libertà sul territorio nazionale – e quindi esotici – che però sono divenuti nel corso del tempo specie di animali domestici.
Differente, è, poi, la definizione dell’animale da compagnia che si può ricavare dal Regolamento n. 998/2003/CE, che disciplina la movimentazione di animali per finalità non commerciali. In esso, infatti, lo si intende semplicemente come l’animale accompagnato da una persona fisica che non abbia interesse a ricavarne qualsivoglia profitto, prescindendo da ogni espresso riferimento all’affezione o a un legame di natura emozionale, ma sottolineando quasi una differenza soggetto-oggetto correlata al ricavo patrimoniale.
Il Regolamento stesso, ai fini della sua applicazione individua quali specie di animali da compagnia:
• Cani
• Gatti
• Furetti
• Invertebrati (escluse le api ed i crostacei)
• Pesci tropicali decorativi
• Anfibi e rettili
• Uccelli (esclusi i volatili previsti dalle direttive 90/539/Cee e 92/65/Cee)
• Roditori e conigli domestici
Il quadro che si evince da una simile disciplina è oltremodo poco definito e, forse volutamente vago e applicato alla normativa italiana e, nella fattispecie, piemontese, legittima la considerazione che alcuni animali esotici possono essere considerati quali animali d’affezione. Certo è che una buona parte di tale ampiezza interpretativa deriva altresì dalla continua evoluzione sociale che, giocoforza, si ripercuote sulle norme di legge e lo stesso Regolamento europeo, essendo destinato a una pluralità di culture ed essendo espressione di un organismo sovranazionale a spiccata tendenza economica, resta volutamente ampio (si considerino le qualità di “anfibi e rettili” o di “uccelli”).
Chiudendo il cerchio e tornando alla novella legislativa del nostro codice di rito, anche qui rinveniamo un grosso dubbio interpretativo che origina, però, da un’ennesima lacuna del nostro legislatore e non tanto da volontà di ampiezza ermeneutica. Infatti, laddove il nuovo comma 6-ter indica quali impignorabili gli animali impiegati a fini terapeutici da coniugi, conviventi o figli, pare consentire indirettamente la pignorabilità degli animali impiegati a fini terapeutici dal debitore stesso! Ciò, con un’interpretazione orientata deve certamente escludersi, certo è che il dubbio sul dato letterale permane.
In ogni caso, ciò che si evince al di la di ogni dubbio è che con tale importante innovazione normativa non sarà più possibile sottoporre a pignoramento gli animali di affezione o da compagnia che non siano finalizzati ad usi produttivi o in qualche modo remunerativi (quali possono, ad esempio, essere gli allevamenti) e si sta, forse, aprendo una via concreta alla sempre maggior tutela degli animali e del rapporto di affezione uomo-animale.

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