Quando il consumatore contrae un mutuo per acquistare la propria abitazione, si sta, in effetti, concludendo un contratto di mutuo fondiario, disciplinato dagli artt. 38 e ss. del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993). In questo modo, infatti, il credito erogato dalla banca a medio o lungo termine risulta garantito da un’ipoteca di primo grado sull’immobile, così da essere garantita in caso di inadempimento.
Ora, qualora in pendenza di pagamento il mutuatario si trovi in una situazione di difficoltà economica e non riesca ad onorare il mutuo, può richiedere, ove ne abbia i requisiti, la cosiddetta “moratoria”, ovvero una sospensione del pagamento delle rate per una durata non superiore a 12 mesi.
A titolo d
i esempio, ciò è possibile, presentando una apposita istanza alla banca, nei casi in cui il debitore abbia perso il posto di lavoro, oppure sia deceduto l’intestatario del contratto o ancora in ipotesi di handicap grave che comporti una situazione di non autosufficienza.
Qualora, invece, non si possa accedere alla moratoria di cui sopra, un’altra possibilità per il mutuatario consiste nel chiedere la rinegoziazione, modificando le originarie condizioni del contratto e quindi, di norma, riducendo la rata mensile e allungando il periodo di rientro.
Qualora anche tali soluzioni non siano sufficienti a riprendere regolarmente il rapporto di pagamento, il consumatore è in parte garantito dal fatto che l’art. 40 T.U.B. dispone la risoluzione del contratto soltanto quando il ritardo di pagamento si sia verificato almeno sette volte, dopodiché la Banca provvede a dichiarare l’estinzione del mutuo con giro a sofferenza segnalando alla Centrale Rischi della Banca d’Italia la situazione di grave crisi economica del cliente, in quanto insolvente (comportando che nessuna banca o finanziaria erogheranno più credito al debitore).
Essendovi stata la sottoscrizione di un contratto di mutuo, la Banca in un caso simile non abbisogna di sentenze o decreti ingiuntivi, possedendo già un titolo esecutivo. Pertanto, gli sarà sufficiente notificare al debitore il solo atto di precetto (un’intimazione di pagamento da eseguirsi entro 10 giorni) per avviare l’esecuzione forzata che, vista l’ipoteca sull’immobile, coinciderà con il pignoramento dell’immobile.
A tal punto, il debitore, con l’ausilio di un legale, può percorrere diverse vie per cercare di risolvere la problematica, a partire da un piano di composizione della crisi da sovrindebitamento, sino alla possibilità di giungere ad un accordo transattivo con la Banca.
Infatti, dopo la notifica del pignoramento, il creditore provvederà all’iscrizione a ruolo ed al deposito della documentazione necessaria (ovviamente più l’iter prosegue più aumentano le spese che verranno poste a carico del debitore), ma tale procedura può essere “fermata” sino a 20 giorni prima della vendita all’asta dell’immobile. Ciò, con una trattativa che porti ad un accordo a saldo e stralcio della posizione debitoria con la Banca, anche con l’opzione di giungere ad un accordo tale per cui il debitore, con il consenso della Banca e con la concessione di una sospensione dell’esecuzione per un massimo di 24 mesi, metta il proprio immobile sul mercato con una agenzia immobiliare di sua scelta al fine di ricavarne una somma dignitosa (e non sottostimata come accadrebbe con un’asta giudiziale) al fine di ottenere il denaro sufficiente a estinguere il proprio debito e magari avanzare una piccola somma per sé.
Per tale genere di attività il nostro studio è specializzato nel seguire contenzioso bancario e gestione di trattative di composizione del debito. Ciò è valido, a maggior ragione, se, mediante perizie econometriche effettuate da professionisti seri (diffidate di società che svendono tale prestazione), risultasse che la banca ha applicato interessi e commissioni non dovute o non determinate come la legge impone. Tale circostanza, infatti, darebbe al debitore un’arma più o meno efficace e consistente, a seconda dei casi, per opporre le proprie ragioni in un’ottica transattiva.